Nella cultura degli anni novanta del XX secolo cominciò a
rifiorire un movimento del tecno-utopismo, legato al fenomeno delle società
dot-com. Questa forma di tecno-utopismo riflette la convinzione che
il cambiamento tecnologico rivoluzioni le società umane e che in particolare la
tecnologia digitale - di cui Internet non era che un presagio modesto -
aumenterebbe la libertà personale liberando l'individuo dal rigido abbraccio
del grande governo burocratico. I "lavoratori della conoscenza" renderebbero
le gerarchie tradizionali ridondanti; le comunicazioni digitali permetterebbero
loro di sfuggire alla città moderna, un "residuo obsoleto dell'era
industriale"
I suoi seguaci sostengono il superamento della suddivisione
tradizionale tra partiti di destra e di sinistra, ritenendo che questa
contrapposizione sia obsoleta. Tra i più noti
autori del tecno-utopismo vi sono George Gilder e Kevin Kelly. Durante il grande successo delle società di servizi che
basavano le proprie attività su Internet, detto "boom delle dot-com",
la bolla speculativa ha dato adito a pensare che un'epoca di "prosperità
permanente" fosse arrivata; il tecno-utopismo fiorì in genere tra la piccola
percentuale della popolazione dei dipendenti delle aziende startup legate a
Internet e/o aventi la proprietà di grandi quantità di titoli high-tech. Con la
successiva e rapida diminuzione di valore dei titoli del mercato azionario,
molti di questi tecno-utopisti delle dot-com dovettero rivedere alcune delle
loro credenze a fronte del chiaro ritorno della realtà economica
tradizionale.
Alla fine degli anni novanta e soprattutto durante il primo
decennio del XXI secolo, le posizioni note come "tecnorealismo" e
"tecno-progressismo" hanno avuto un forte supporto tra i sostenitori
del cambiamento tecnologico come alternative moderate al
tecno-utopismo. L'utopismo tecnologico comunque persiste nel XXI secolo
a seguito di nuovi sviluppi tecnologici e del loro impatto sulla società. Ad
esempio, molti giornalisti che si occupano di tecnologia e commentatori
sociali, tra i quali Mark Pesce, hanno interpretato il fenomeno Wikileaks e il
caso Cablegate dell'inizio di dicembre 2010 come precursori, o incentivi, per
la creazione di una tecno-utopia.